In occasione della Giornata del Pensiero 2022, pubblichiamo alcuni spunti utili per la riflessione nel corso dell' evento formativo per Capi ed R/S che avrà luogo il 22 febbraio a cura della Zona Conca d'Oro di Palermo.
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Foto da Camminiamo Insieme, 2014 |
Definire la Politica
di Lele Rossi (*)
1. Cos’è la politica? La sintesi tra valori, strumenti, azioni per garantire convivenza civile e sviluppo della persona.
Valori: obiettivi complessivi, idea di persona e di società che si vuole realizzare.
Strumenti: con i quali operare (es. istituzioni, partiti, associazioni, voto, referendum, TV, giornali, associazioni, ecc.).
Azioni: come usare gli strumenti per raggiungere gli obiettivi. Come nel gioco degli scacchi: occorre conoscere le regole (strumenti), avere un obiettivo (vincere la partita), ma occorre anche avere una strategia, per utilizzare le regole per ottenere il risultato (e sono le azioni). Questo tocca anche il tema del ruolo dei soggetti attivi nella società (tra cui la Chiesa) e la società stessa: a ciascuno di questi deve essere riconosciuto il diritto di indicare i valori. Ai laici ed alle istituzioni spetta il compito di definire le azioni per tradurre i valori in regole condivise.
2. Dove si fa oggi la politica?
a) Nella storia italiana, i “luoghi” tradizionali sono lo Stato, da un lato, e i Comuni, dall’altro. Rispetto allo Stato, oggi assistiamo a spinte centrifughe (lo sviluppo della dimensione internazionale, di quella europea in particolare, e gli accordi tra gli Stati) e a spinte centripete (verso le Regioni e gli enti locali). Anche a livello statale assistiamo ad uno sviluppo del pluralismo istituzionale (Parlamento, Governo, Corte costituzionale, autorità di garanzia, Conferenza Stato-Regioni, ecc.).
b) Le istituzioni non sempre riescono a governare: da governo a governance.
Ad esempio, non sembra più vero il principio che l’economia è soggetta alla politica, come pure si sosteneva fino a qualche anno fa. Lo sviluppo della globalizzazione e l’assenza di una risposta politica adeguata in tale senso conduce alla conseguenza di un’economia che determina da sola le proprie regole e non è più soggetta alle direttive della politica.
c) Nel rapporto tra cittadini e istituzioni è saltato il modello che concepiva il partito come “cinghia di trasmissione” tra cittadini e società civile, da un lato, e istituzioni dall’altro. Questo non avviene più, a causa di un’incapacità dei partiti di svolgere tale ruolo (anche per il venire meno nei partiti di una partecipazione effettiva ed efficace) e per l’irrompere di altri luoghi di rappresentanza e di mediazione degli interessi.
La legge elettorale, ora modificata, opera un tentativo di rimettere al centro i partiti: ma si fonda su un presupposto che pare non esserci più, ovvero che i partiti conservino la propria capacità di mediazione degli interessi diffusi nella società. In questo quadro, vi è il rischio di una democrazia plebiscitaria, che tende a trasformare il “popolo sovrano” nel “popolo del sovrano”, e nella quale l’uso dei mezzi di comunicazione di massa può svolgere un ruolo determinante.
3. Le scelte della politica (e i limiti della stessa) Occorre distinguere tra il piano dei principi/valori e quelle delle azioni (secondo la distinzione sopra proposta).
a) Principi/valori: su questi occorre ricercare il massimo consenso possibile. Sul patto di convivenza, cioè l’insieme sistematico di principi e regole che presiedono alla casa comune, l’esigenza è quella di un accordo tra tutti. Nelle società moderne questa è la funzione delle Costituzioni, o perlomeno di quella parte di esse che sanciscono i principi/valori costitutivi di una società. Per questo le costituzioni non possono, almeno nella parte in cui definiscono le regole fondamentali, essere oggetto di “colpi di maggioranza”.
b) Poi vi è il piano delle azioni, che sono definite, in prima istanza, attraverso le leggi (ma anche con atti amministrativi, con le politiche pubbliche ecc.). Queste sono decisive per l’affermazione dei principi. Anche nella società, occorre richiamare sempre che non basta affermare principi per essere in pace con la coscienza, ma occorrono azioni conseguenti e coerenti. Ad esempio: la promozione della famiglia non si fa solo con l’affermazione della “naturalità” della stessa, ma con politiche ed azioni che concretamente realizzino il suo primato. Su queste azioni, in generale, vale il principio di maggioranza: senza che questi si traduca in prevaricazione delle posizioni diverse, ma con l’esigenza di riconoscere la legittimità di interventi decisi dalla maggioranza.
4. Quando si fa politica? Vi sono almeno tre livelli: - decidere quali azioni porre in essere - metterle in atto - verificare la loro attuazione. Perché questo si realizzi con la partecipazione dei cittadini, basta il momento elettorale? Direi proprio di no, occorre accompagnare, verificare/controllare l’azione dei rappresentanti, denunciare quando vi è bisogno le contraddizioni, gli errori, ecc.
5. Educare alla politica, allora. È un compito fondamentale per la qualità della vita democratica. Questo significa:
a) capire il valore della politica, come luogo nel quale si assumono delle decisioni che hanno ricadute nella vita di tutti (vedi l’editoriale di Lombardi sull’ultimo numero di R-S Servire)
b) rispettare i limiti della politica: insegnare cosa essa può fare e soprattutto cosa non può fare (ad esempio con riferimento ai principi/ valori come si è detto)
c) verificare coerenze nei rappresentanti
d) contribuire alla formazione delle soluzioni ai problemi e) costruire una democrazia matura
f) rendere la politica non autoreferenziale, ma che impari ad usare il linguaggio della società e a dare risposta ai reali problemi della stessa. In sostanza: formare cittadini, intendendo con tale termine non chi ha lo status di cittadino, ma colui che è capace di vivere la propria appartenenza alla comunità.
Ricordando sempre l’insegnamento di A. C. Jemolo: “la libertà, come tutti i beni della vita, come tutti i valori, non basta averla conquistata una volta per sempre, ma occorre conservarla con uno sforzo di ogni giorno, rendendosene degni, avendo l’animo abbastanza forte per affrontare la lotta il giorno in cui fosse in pericolo”.
Per ottenere questo, educare alla politica è fondamentale.
(*) prof. Emanuele Rossi (Pontremoli, 19 ottobre 1958) Costituzionalista e giurista.Si occupa in particolare di diritti e libertà fondamentali, di giustizia costituzionale, di diritto parlamentare. Insegna Diritto costituzionale alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, in cui ha svolto le funzioni di Preside della Classe di Scienze sociali, di Direttore dell'Istituto Dirpolis (Diritto, politica, sviluppo) e di Pro-Rettore vicario. È membro dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti e dal 2015 al 2018 ha fatto parte del suo Consiglio direttivo. Capo scout AGESCI e Incaricato Nazionale alla branca R/S ha tenuto una lezione magistrale durante la Route Nazionale nel 2014 a San Rossore.
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Foto Pisatoday |
Da "La Carta del Coraggio", 2014
Politica
CI IMPEGNIAMO
• a diffondere l’idea di politica come prima forma di servizio al bene comune e strumento di espressione democratica;
ad analizzare globalmente ciò che ci circonda, per sviluppare un pensiero critico e concreto riguardo le esigenze e le problematiche della cittadinanza e del territorio.
Ci impegniamo, quindi, a partecipare alle assemblee cittadine libere e a spenderci in sacrificio per il nostro Paese, fornendo un servizio attivo rivolto alle necessità locali. Per noi è indispensabile coinvolgere e sensibilizzare il resto della popolazione creando una rete di collaborazione continua e durevole nel tempo, associativa ed extra-associativa con associazioni no-profit, apartitiche e assistenziali, per superare il rischio di essere autoreferenziali. Infine, ci impegniamo nella promozione e nell’utilizzo efficace e propositivo di un organo comunale consultivo e giovanile i cui membri abbiano un’età massima di trenta anni.
CHIEDIAMO
• che le Istituzioni ci diano ascolto e ci deleghino i servizi necessari alla città che, per eventuali limiti economici o di competenza, l’amministrazione locale non riesce ad offrire. Per fare questo, chiediamo la creazione di una lista aperta dove ci sia data la possibilità di scegliere dei servizi preziosi per il territorio da portare a compimento. Per esempio, riadattare strutture non adibite ad alcuno scopo, a seconda dei bisogni del territorio.
Chiediamo inoltre che venga istituito, dove non esiste, un organo locale consultivo giovanile; nell’eventualità in cui questo esista, è necessario che venga utilizzato e rivalorizzato. Tale organo dovrebbe disporre della collaborazione e della partecipazione attiva e costante dell’assessore alle politiche giovanili e di figure competenti, istituzionali e non, circa i temi trattati.
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La Comunità Capi quale concreto veicolo di tras-formazione per il territorio: da contenitori a detonatori di cambiamento.
(pubblicato su Sicilia Scout n. 3, novembre 2009)
di Loris Sanlorenzo (*)
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Matteo 5,14-16)
La presenza dello Scautismo in un territorio è una risorsa inestimabile per le potenzialità educative volte alla trasformazione della realtà, che esso contiene.
La dimensione politica dell’educazione, patrimonio inalienabile dell’AGESCI sindalla fondazione nel 1974 e motivo allora di dolorose scissioni, rappresenta la sfida raccolta dal Movimento rispetto ai “segni dei tempi” che già il Concilio Vaticano II aveva invitato tutti i credenti a leggere con attenzione al fine di ricavarne indicazioni chiare di testimonianza e di intervento attivo.
Trasposizione in linguaggio corrente dello spirito della Legge Scout, del Motto e della Promessa, che fa del servizio al Paese il primo dei valori forti su cui poggia l’impegno, la vocazione politica dello Scautismo chiama a tradurre il messaggio di B.P.“Lasciate il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato” (Ultimo messaggio di B.P. agliscout, pubblicato postumo) in progettualità di largo respiro ed in azioni concrete che“misurino” l’efficacia dell’incidenza dello Scautismo nell’esperienza del singolo e nella storia del territorio.
Per molti anni si è dibattuto circa l’opportunità di vivere tale impegno formando i ragazzi e le ragazze al servizio, differendo in un certo senso la trasformazione nel futuro e “tenendosi fuori” dall’azione diretta nel presente. Da oltre venti anni tale atteggiamento sembra essere stato superato e, talvolta con qualche eccesso ideologico, la testimonianza e la partecipazione dell’Agesci, ai diversi livelli territoriali, è richiesta, accolta ed apprezzata. Riconoscimento di un ruolo storico e sociale all’interno della comunità nazionale ? Interesse a coinvolgere una realtà associativa numerosa e visibile ? Desiderio di associarne l’immagine a questo o quel versante della politica italiana ? Forse un po’ di tutto ciò e magari altro ancora.
Si avverte sovente l’esigenza di definire, nella quotidianità e con chiarezza il contributo che lo Scautismo italiano può e deve dare alle comunità di riferimento, mantenendo fermi tutti i pilastri su cui tale contributo si regge e i valori che lo sostengono, fuori da ogni assimilazione o da rischi di strumentalizzazione.
Titolare della proposta scout sul territorio è sempre la Comunità Capi, formata da adulti che hanno aderito al Patto Associativo e alle concrete visioni che esso propone in ordine al Metodo, all’appartenenza alla Chiesa Cattolica e alle forme di intervento nelle realtà sociali. Alla Comunità dei Capi pertiene ed appartiene l’esercizio della scelta politica che, nell’applicazione del Metodo, si connota come impegno educativo diretto e proposta di percorso di crescita rivolto ai ragazzi e alle ragazze, in collaborazione con le loro famiglie, nel rispetto delle reciproche vocazioni, ma senza collusioni. Per il patrimonio associativo, fatto di storia, di risultati, di radicamento territoriale e di contributo dato nei decenni alla formazione di centinaia di migliaia di cittadini e cittadine italiane - e tra essi a quella di individui che in maniera più visibile ne hanno testimoniato il valore ed i valori - lo Scautismo è un repertorio attivo e pulsante di identità forte, di progettualità, di innovazione, di coraggio intellettuale …e fisico e di competenze trasversali che si sono stratificate nel tempo e che non è facile trovare, in modo così strutturato, in altre realtà associative.
"Vogliamo approfondire insieme il value-based management - dice Elio Borgonovi -:un approccio manageriale in grado di far emergere valori come la solidarietà e la reciprocità, inserendoli nella mappa delle competenze".
Ma dietro la divisa di un bravo capo scout può davvero nascondersi il talento di un futuro capitano d'industria? "Chi fa l'esperienza scout, soprattutto nell'età che va dalla prima adolescenza alla maturazione, impara a gestire se stesso e il gruppo in situazioni complesse - spiega Eduardo Missoni - Inoltre acquisisce qualità di leadership, ha una forte propensione all'innovazione e accumula capacità latenti, in grado di avvantaggiarlo all'ingresso nel mondo del lavoro. Gli scout sono persone che si inseriscono nell'impresa e nella società con forti valori di riferimento". (Accordo WOSM – Università Bocconi, Milano 2005)
La Comunità Capi, che oltre ogni merito o limite locale, è la parte più immediatamente visibile dell’Associazione, si trova ad avere il dovere di essere all’altezza di tale patrimonio e di rappresentarlo sia nell’azione educativa diretta che nell’interlocuzione con gli altri attori territoriali “uguale a molti e inferiore ad alcuno”. Tale responsabilità, conseguenza diretta dell’autonomia che le è data dagli statuti organizzativi, comporta alcune consapevolezza che vanno interiorizzate, maturate, espresse e testimoniate in azioni concrete:
la prima consapevolezza risiede nell’auto percezione di sé quale soggetto organizzativo “orientato al futuro” e animato da logiche di tipo pro-gettuale, pro-cessivo e pro-attivo (laddove il prefisso “pro” è sempre all’origine di atteggiamenti sempre di apertura e di propensione all’alterità e mai di chiusura o di autoreferenzialità)
E’ l’ottimismo intelligente e operoso richiamato dagli art. 8° e 9° della Legge che trova un respiro ulteriore nell’esortazione dell'Apostolo Pietro: “A voi, che mediante la fede sietecustoditi dalla potenza di Dio, affinché raggiungiate la salvezza, la quale è pronta per essere manifestata nell'ultimo tempo. E' questo il motivo che forma la vostra gioia, anche se è necessario che voi siate contristati per breve tempo ancora da diverse afflizioni, affinché la vostra fede provata, ben più preziosa dell'oro che perisce e tuttavia si prova col fuoco, sia trovata degna di lode, di gloria e d'onore, quando ritornerà Gesù Cristo. Voi lo amate, senza averlo veduto, in lui voi credete, senza vederlo ancora, esultando di una gioia ineffabile e gloriosa, poiché voi otterrete la salvezza delle vostre anime, come premio della vostra fede” (1 Pietro 1, 39).
La seconda consapevolezza risiede nella capacità di leggere la realtà nelle diverse sfaccettaure, rifuggendo dagli stereotipi – nostri e degli altri – che portano a pregiudicare il contesto, interpretandolo con categorie spesso costruite al fine di esercitare il controllo sociale. La Comunità Capi in tale momento si pone come luogo della chiarezza, ma non dell’ingenuità, e di tale chiarezza si dichiara disposta a pagare ogni eventuale prezzo (da quello dell’ironia sino a quello del rischio personale). Tale cifra contraddistingue i rapporti con gli altri attori (articoli 4°, 5°e 1 0° della Legge) che operano sul territorio, in alcuni casi animati da interessi di parte o di partito, da obiettivi personali di visibilità o di potere da raggiungere facendo leva sui bisogni dei più e spesso degli ultimi. “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. (Matteo 10:16)
La terza consapevolezza è quella di sentirsi scout e guide, nel senso etimologico dei termini cioè esploratori di nuovi territori, sognatori operosi “di cieli e terre nuove”scopritori di sentieri e costruttori di strade cioè uomini e donne protesi sempre a sperimentare situazioni e prospettive inedite, assumendo il rischio tipico di chi si spinge dove altri non sono mai andati e che poi, torna indietro e li prende per mano per condurveli, pronto a “scomparire” quando la Terra Promessa è stata raggiunta.
”Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese, Galaad fino a Dan, tutto Neftali, il paese di Efraim e di Manasse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Neghev, il distretto della valle di Gerico, città delle palme fino a Zoa. Il Signore gli disse: "Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l'ho fatto vedere con i tuoi occhi ma tu non vi entrerai". Mosè servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. Fu sepolto nella valle nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dov'è la sua tomba. Mosè aveva 120 anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni, Dopo furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza perché Mosè aveva imposto le mani su di lui. Gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese d'Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese e per la mano potente nel terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele.(Deuteronomio 1-12).
Ho vissuto personalmente in uno sperduto paese dell’Alto Lazio quel momento e quella sensazione dopo un intervento di servizio reso con la Comunità R/S che guidavo nel 1980 e ne ho applicato l’insegnamento alla mia vita sino ad oggi. Vi ho scoperto l’essenza della vera leadership: quella di chi serve, costruisce, realizza e poi, sottraendosi all’ umano desiderio di raccogliere i frutti e di essere celebrato, all’alba, in silenzio, va altrove….per cominciare con lo stesso spirito e lo stesso entusiasmo una nuova avventura.
“In verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde , e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Giovanni 12, 10-33).
La dimensione alternativa dello Scautismo è parte essenziale della proposta educativa (forse quella che talvolta “preoccupa” qualche Parroco) ma, attenzione, l’alternatività della nostra proposta non è né gusto di trasgressione né esibizione di non conformismo. E’ piuttosto la capacità di Francesco di lasciare le comodità del proprio ruolo sociale per salire sul Subasio, quella di Massimiliano Kolbe o di Salvo D’Aquisto di offrirsi di morire al posto di un altro, quella di Nicola Calipari di coprire con il proprio il corpo di Giuliana Sgrena.
La quarta consapevolezza che dobbiamo portare con noi è la dimensione del cammino che testimoniamo e che chiediamo agli altri di percorrere e cammino vuol dire non fermarsi ai risultati raggiunti, non compiacersi delle buone relazioni conquistate, magari a caro prezzo, delle rendite di posizione acquisite. La Pista che diventa Sentiero e poi Strada conduce alla Partenza e siamo tutti partenti nello Scautismo nel senso che sappiamo dove vogliamo andare ma, soprattutto sappiamo che è il cammino - ed i tanti bivi che la forcola ci ricorda, esigendo ogni volta la scelta - il “luogo” in cui ci trasformiamo, cresciamo e ci “contaminiamo” con chi ci passa vicino.
“Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elìa”. Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”. (Luca 9, 33-35)
Quanto è bella e rassicurante talvolta la vita associativa: siamo tra noi, abbiamo i nostri codici, le nostre tradizioni, viviamo comodi nelle nostre tende. Un giorno di molti anni fa , partecipando a quello che allora si chiamava il Campo di Primo Tempo, in branca R/S, dopo tre giorni di strada “pesante” il Capo Campo ci condusse a Messina, ci chiese di togliere l’uniforme e ci invitò a mescolarci con i giovani, nostri coetanei, di una borgata di periferia; una di quelle che Pier Paolo Pasolini ci aveva raccontato con rabbia e con passione. Allora, di colpo, le riflessioni, le certezze che apparivano incrollabili e pronte ad ogni confronto e che nel silenzio dei Monti Peloritani apparivano chiare ed applicabili in ogni circostanza, diventarono realtà, dura e stridente.
Da quel Capo, Filippo Siracusano di Messina cui ancora oggi sono grato, appresi una lezione importante: le nostre convinzioni possono appartenerci e diventare parte costituiva del nostro essere solo se le passiamo al vaglio rigoroso del confronto con quelle degli altri e le vediamo resistere all’impatto, spesso spietato, con la realtà.
La quinta consapevolezza, con cui vorrei concludere questo dialogo a distanza con i Capi le Capo e gli Assistenti della Sicilia, è forse quella che maggiormente conferisce credibilità alle nostre parole e permette ad esse di diventare elementi concreti che determinano il cambiamento.
Si tratta della combinazione esplosiva tra principi e comportamenti, quello che in tutti i mondi organizzativi va sotto il nome di “coerenza organizzativa”. A differenza delle realtà organizzative che richiedono tale “allineamento” tra valori aziendali” e comportamenti nell’ambito di una specifica organizzazione, nel mondo del Volotariato ciò si estende ad ogni momento della vita associativa ed individuale.
Ciò sembra essere tornato di grande attualità anche in relazione ai comportamenti degli esponenti della politica e sta portando a riflettere se vi sia una privacy divergente cui quanti si pongono come guida degli altri abbiano più o meno diritto. E’ un passaggio culturale dal quale il nostro Paese uscirà sicuramente più serio e più maturo.
Nell’applicazione di tale principio alla realtà della Comunità Capi occorre essere ulteriormente consapevoli che noi formiamo o educhiamo (e la differenza non è solo lessicale) non per ciò che conosciamo o che sappiamo fare ma principalmente per ciò che siamo; ciò vale nel rapporto con i nostri ragazzi e ragazze e dovrebbe essere un dato acquisito in ogni Comunità Capi, ma diventa ulteriormente importante nel momento in cui entriamo in contatto con quanti altri operano sul territorio e con cui vogliamo condividere un progetto di cambiamento.
E’ il grande tema dell’identità che, come tutto nell’uomo, può essere forte o debole.
Lo Scautismo è una realtà ad identità forte, si connota, anche esteriormente, per elementi ormai noti e riconoscibili. Credo siano passati i tempi in cui dovevamo spiegare perché avevamo la “fissazione” di fare attraversare la strada alle vecchiette. Appare ovvio che ove nel nostro contesto di riferimento fosse questo ancora il livello, diventa urgente un diverso posizionamento culturale
I recenti fronti di impegno sul versante del contrasto alla mafia, le prese di posizione su temi eticamente sensibili, la grande eco della celebrazione del centenario ed i riconoscimenti ricevuti, unitamente ad una notevole esposizione mediatica hanno innalzato la soglia delle attese nei confronti di un Movimento che, a fronte della crescente disgregazione sociale, “tiene” e dice la propria con sufficiente chiarezza. Se questo è abbastanza consistente nella dimensione nazionale, ancora molto resta da fare in quella locale. Perchè un’identità forte può localmente indebolirsi se non è sorretta da comportamenti che siano espressione di consapevolezze quali quelle che, tra altre possibili, ho scelto di focalizzare in questa occasione.
Su tale versante si pone un problema che chiama tutti all’impegno comune, pur nella diversità dei carismi e delle risorse di ciascuna Comunità Capi: come portare fuori il valore che nel tempo abbiamo generato al nostro interno ?
Avendo già riflettuto sulle consapevolezze ed i valori quale premesse necessaria per progettare questo delicato passaggio, occorre ora individuare le modalità operative per porre in essere Progetti di Comunicazione e di Partecipazione finalizzati a far detonare lo sviluppo nella direzione del cambiamento.
Mi limiterò ad elencare alcune possibili “micce”, sotto forma di 10 “principi guida”:
Occorre far conoscere ciò in cui crediamo, attraverso la visibilità di ciò che facciamo
Occorre far diventare ciò in cui crediamo un insieme di valori condivisi anche da chi viene “da mille strade diverse”
Occorre tradurre l’insieme dei valori condivisi in micro progetti di convivenza sociale alternativa al modello locale e chi si pongano all’attenzione dei media come “progetti pilota”
Occorre estendere i progetti pilota a porzioni crescenti di territorio, insieme al consenso intorno ad essi
Occorre aprire vie di dialogo – peer to peer – in primo luogo con quanti si occupano di educazione con altri strumenti Scuola, Università, altre Associazioni educative ((do perscontato che una Comunità Capi abbia incontrato almeno una volta nell’anno che si chiude i Dirigenti Scolastici della propria zona o organizzato una presentazione dello Scautismo al Consiglio di Circolo o di Istituto, non per fare proselitismo ma per confrontarsi sulle emergenze educative e su possibili azioni sinergiche).
Occorre estendere questo dialogo verso ogni presidio di legalità presente nella propria zona e diventarlo laddove si è da soli, costi quello che costi.
Occorre essere presenti, anche mediante un corretto esercizio della rappresentanza diretta o indiretta, dove si decidono le piccole/grandi rivoluzioni che nel quartiere toccano le persone e soprattutto i giovani, con il coraggio di essere portavoce di chi non ha voce.
Occorre intestarsi momenti di presenza politica sul territorio su ogni aspetto della dignità umana e fare in modo di diventare punto di riferimento qualificato e solidale.
Occorre creare le condizioni perché alla “galassia scout” si desideri appartenere e ciò vale per i giovani ma anche per adulti di cui verificare la reale vocazione educativa, oltre iruoli genitoriali.
Occorre infine avere il coraggio di essere diversi e di proclamarsi tali – nel mondo ma non del mondo, per dirla con l’Apostolo Paolo (Rom. 2,12) - per essere distinguibili e diventare avamposti della riflessione educativa e dell’amore per gli altri.
“Il Signore non stabilisce, come prova della fedeltà dei suoi discepoli, i prodigi e i miracoli strepitosi, benché abbia loro conferito il potere di compierli, nello Spirito Santo. Che cosa dice loro? Capiranno che siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente”. San Basilio,Vescovo.
Ogni tanto penso che un giorno, quando Dio vorrà, incontrerò in cielo B.P. e gli chiederò se ho fatto onore alla mia Promessa Scout. Sono certo che mi guarderà con l’occhio divertito ed ironico di un vecchio generale inglese che ne ha viste di tutti i colori e sorridendo mi dirà: “solo se ogni sera, prima di addormentarti, ti sarai domandato: oggi ho fatto del mio meglio perché ciascuno di coloro che ho incontrato potesse contare su di me?”
Buona Strada !
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prof. Luigi Sanlorenzo, Palermo 1956. Di formazione filosofica, economica, capo scout e quadro in Agesci, ne ha declinato i valori nell’ambito delle analisi strategiche, delle dinamiche del cambiamento e dello sviluppo delle risorse umane, secondo gli indirizzi di Humanistic Management. Ha ricoperto incarichi di responsabilità e di consulenza presso istituti di credito e società multinazionali e ha rivestito cariche istituzionali negli anni ‘90 al Comune durante la Primavera di Palermo e sino al 2017, nell’Università degli Studi di Palermo, sino al 2015. Ha insegnato nei licei, nelle Università di Palermo, di Messina e di Macerata, presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, ISIDA e CERISDI di cui è stato consulente del presidente. In qualità di titolare di Studiofor Management Education ha progettato e diretto per oltre dieci anni altrettanti master professionalizzanti in Direzione del Personale. E’ stato presidente regionale Sicilia e consigliere nazionale dell’ Associazione Italiana Formatori (AIF, MIlano) e presidente della Commissione RYLA del Distretto Rotary 2110 Sicilia e Malta. Pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Sicilia, collabora con riviste specialistiche della formazione e del management e con quotidiani online. Dal 2020 è presidente dell’associazione senza scopo di lucro PRUA https://www.associazioneprua.it/ fondata a Palermo nel 2001 e responsabile del blog https://nuoviapprodipress.blogspot.com/ Altro su http://www.luigisanlorenzo.it/
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Altri contributi e fonti:
R/S Servire n. 3 del 2012 interamente dedicato al tema "L'importanza della Politica" con la prefazione di Giancarlo Lombardi (1937-2017)
R.Baden Powell "Rovering to success" di cui ricorre quest'anno il centesimo anniversario della pubblicazione.
R. Baden Powell "Aids to Scoutmastership" 1920